due chiacchiere

Un rettangolino vale una vita

L’altro giorno, non trovandomi il portafogli nella “solita” tasca, mentre ero in giro per New York, mi è venuto un attimo di panico. Per fortuna pochi secondi dopo mi sono ricordato di averlo messo nell’altra tasca. La mia paura non era tanto di aver perso i due spiccioli che avevo, ma tutto il resto: il mio abbonamento per l’autobus, la mia carta d’identità, la possibilità di tornare a casa insomma. Infatti senza spiccioli non avrei potuto comprare un biglietto, o chiamare qualcuno per venirmi a prendere (ho il cellulare cronicamente scarico) o chiedere ad un poliziotto di aiutarmi: non avrei potuto farmi identificare.

Già, ognuno di quei pezzetti di plastica rappresenta, in realtà, un lasciapassare indispensabile per compiere determinate azioni della quotidianità. Senza rendercene conto, ci siamo costruiti intorno tutto un mondo di oggetti che, se non ci fossero persone convinte del loro valore, non avrebbero neppure senso: senza quei rettangolini di carta colorati chiamati “soldi”, dovrei ogni volta portarmi dietro un carretto di roba da barattare con gli altri; senza quell’altro rettangolino chiamato carta d’identità, dovrei addirittura portar con me un rappresentante delle forze dell’ordine a garantire per me. Di questo e di tanto altro, si parla nel libro che ho letto qualche mese fa: Sans papier, di Maurizio Ferraris.

Questo libro contiene due livelli, uno pop, quello che prende in esame gli oggetti tecnologici quotidiani, la pen drive della copertina, ed uno alto, quello della teoria ontologica degli oggetti fisici, sociali e ideali. I due strati si intrecciano e sovrappongono nel testo senza renderlo mai pesante o accademico, nonostante affronti temi decisivi per l’attualità, e per l’ontologia, come immigrazione, globalizzazione e intercettazione. Sono questi i temi che compongono le tre dissertazioni del volume.

Commenti

  1. jgor
    ha scritto:

    mi sembra normale che nella costruzione di simboli e segni che ci siamo creati ormai i medesimi simboli diventano importanti.
    Ps basta non barattare questi “rettangoli” con chip sottopelle. (mi farebbe innoridire … )
    ma questa è un’altra storia

  2. Anna
    ha scritto:

    Simboli….. io non avevo nulla di valore da barattare. Tuttavia capisco il tuo attimo di panico e il tuo punto di vista. Per me durato tutta una mattina, quando nella fretta ho dimenticato il portafoglio aperto in bella vista all’interno della mia auto parcheggiata a Treviso. Già arrivata a Venezia ho visualizzato il mio portafogli in auto. Ho viaggiato in treno inconsapevole d’essere senza abbonamento. Nel panico ho scordato d’avere 15 Euro nella tasca della borsa per poter acquistare un biglietto d’autobus che mi riportasse indietro. Con il telefonino quasi scarico, ho avvisato l’ufficio che non sarei arrivata quella mattina, ho telefonato a mio padre, grandissimo uomo, chiedendo di andare in banca a bloccare carta e bancomat e di appostarsi in quella zona della città non molto sicura, fino al mio arrivo. Ovviamente ho perso il treno delle 10:20, quello successivo era alle 12:00. Alla fine sono arrivata in ufficio alle 13:30, avrei dovuto essere lì alle 10:00. La disavventura non è stata così grave, (grazie a mio padre, santo uomo), ma ho realizzato che alla fine questi simboli sono importanti. Io che volevo essere libera da qualsiasi condizionamento mi sono inguiata con le mie mani. In tutto questo c’è una nota positiva; da quel giorno (come mi sono sentita stupida) mi prendo il tempo per tutto non più fretta non più affanni…. ora trovo il tempo….. per il quotidiano ma soprattutto per le gratuità.
    Buona giornata a tutti.
    Anna

  3. camu
    ha scritto:

    Anna, come ti capisco… io ogni mattina faccio l’inventario delle cose da portare, ho l’incubo di rimanere in una situazione simile. Specialmente quando sei pendolare e dipendi dagli altri per i tuoi spostamenti 🙂 Vera la nota positiva finale: sono esperienze che insegnano a trovare il tempo per organizzarsi.
    Jgor, io invece spero che i chip sottopelle diventino presto una realtà. Immagina quante cose ci si potrebbero fare: passare in una fila privilegiata in aeroporto, pagare la spesa senza avere la carta di credito, prendere tutti i mezzi pubblici senza biglietto, dimostrare la propria identità (e la propria affidabilità, questo il mio sogno) in maniera facile, sicura e certa. Lo so, lo spettro è sempre quello del grande fratello, ma…

  4. jgor
    ha scritto:

    Sinceramente non mi trovi d’accordo.
    La privacy è sacrosanta per la mia concezione di vita e già mi lamento del mio cellulare. Ma un conto sono cose “rimovibili” o comunque appendici che posso abbandonare, cambiare, sostituire, un altro è avere tutti i miei dati “tra coppa e collo” come un cane.
    Dal rischio che mi taglino la mano per avere il mio chip alla possibilità di essere “craccato” seguito e pedinato. Per carità io sono un figlio di nessuno, ma se fossi facoltoso eviterei il più possibile la tecnologia invasiva.
    Meglio la scomodità, il perdere alcune cose.
    Del resto io uso 3 tasche diverse. Una per il cellulare, una per il portafoglio e una per le chiavi. Appunto perchè ho perso cellulari, portafogli e chiavi in luoghi pubblici (e poi sempre ritrovati, per fortuna).
    ^_^ La penso così e non cambierò facilemente idea su questo punto essendo poi quello che si definisce “un primo utilizzatore” ^_^

  5. ha scritto:

    Io il portafogli sono riuscito a perderlo negli uffici del comune, in una mattinata di caos, però per fortuna lo ha trovato una delle uscere che mi conoscono e lo ha conservato fino a quanto non sono arrivato io di corsa! La cosa strana è che non me ne sono accorto di averlo perso, infatti controllo cento volte di avere tutto.

    Anch’io vorrei che il chip sotto pelle diventi realtà, oltre a quello che ha citato Camu, pensiamo a chi viene trovaot privo di conoscenza e senza documenti, oppure in caso di certi tipi di incidenti, in cui le persone si trovano a girovagare senza meta e senza documenti, magari con una bella commozione celebrale.

    Ho sempre pensato che se si volesse, la tecnologia può diventare un’alleata infallibile!

  6. camu
    ha scritto:

    @Jgor e Ithilien, se volete difendere la vostra privacy non dovreste neppure avere un blog. Sia per le informazioni su di voi che possono essere dedotte (interessi, opinioni personali, convinzioni religiose, ecc), sia perché tecnicamente più facile risalire alla vostra vera identità. Un chip sottopelle non sarebbe altro che una tecnologia diversa da quella attuale, ma poco cambierebbe a livello di informazioni. Ogni volta che usate una carta di credito, pagate un casello autostradale, prelevate del denaro dal bancomat o fate la spesa con la tesserina della raccolta punti, la vostra privacy è già in mano a tante persone. E poi, se proprio non vi piace il chip in quanto “artificiale”, potrebbe trattarsi della lettura della retina (ancora troppo “lenta” per gli usi civili). Il punto non è il chip, ma l’esistenza di informazioni su di voi, in qualche mega cervellone centrale da qualche parte nel mondo.

  7. Ithilien
    ha scritto:

    Rabbrividisco all’idea di avere un chip sottopelle come la mia cagnolina… Ovviamente ci sarebbero lati positivi come quelli elencati da Camu e Piero, però… non so, credo che un chip sia al momento eccessivo o per lo meno non consono alla mia idea di “privacy”. Lo so, siamo “schiavi” di documenti e carte, haimè necessarie ormai per muoverci… per il momento però preferisco questa forma di “dipendenza” 🙂

  8. jgor
    ha scritto:

    Non sono pienamente d’accordo con te. Un chip sottopelle e’ qualcosa che mi rende SEMPRE e INEQUIVOCABILMENTE unico riconoscibile ed individuabile. Un blog parla di me certamente.
    Non ho mai detto che voglio difendere a tutti i costi la mia privacy, solamente decido IO che informazioni mettere che, a mio modo di vedere, è diverso da portarmi TUTTE le informazioni con me. Ovvio che quando pago con carta di credito, cellulare, autostrada sono tracciabile, lo so, ma posso evitarlo. Come posso evitare di usare un chip che trasmette? La questione è molto complessa. Infatti Camu hai ragione mentre diciamo che la privacy è in mano ad un sacco di persone, ma senza il chip posso evitarlo o comunque fortemente limitarlo. Per me il problema è proprio il chip. Insomma inorridisco da avere qualcosa sottopelle che dia via i dati. Senza contare chi potrebbe menomarmi per ottenere il chip o staccarmi la retina per avere il mio conto in banca ^_^ ma qui scadiamo nell’horror di serie Z.
    Che ci volete fare signori, so benissimo che la privacy è già poca così, e preferisco 2000 portafogli al chip di cui non ho il controllo delle trasmissioni (senza contare i vari guasti …. )
    ^_^ Voi passate per la fila “rapida”, ma aspettatemi fuori che vi offro da bere, contanti in mano ^_^

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