due chiacchiere

Le tasse americane

Ho scoperto l’altro giorno che su Wikipedia esiste un’intera sezione dedicata ai sistemi di tassazione nazionali: per l’Italia viene illustrata l’IRPEF, i cambiamenti dei calcoli negli ultimi anni e altre informazioni e curiosità. A parte aver scoperto che per il sottoscritto quest’anno la tassazione “balzerà” dal 23 al 27 per cento, per via della rimodulazione delle aliquote, ripensavo ad una lezione di Macroeconomia, a cui ho preso parte qualche mese fa. Tra un indicatore del tasso di disoccupazione ed una formula per il mercato della moneta, il professore ci ha anche spiegato la differenza tra un’economia cosiddetta di destra ed una di sinistra. Questa differenza la si ritrova anche nelle aliquote, secondo me: lo Stato americano lascia nelle tasche dei cittadini più soldi, ma offre meno garanzie. Da noi invece il prelievo è maggiore, ma (teoricamente) i servizi di base sono assicurati a tutti.

Se vivessi in America, quest’anno invece che il 27 per cento, avrei pagato circa il 15 per cento di tasse: il confronto, lo so bene, è molto grossolano, vista la differenza di base che esiste nel calcolo dei redditi. Ma il dato importante è un altro: avendo più soldi da spendere, acquisto un maggior quantitativo di beni, aumentando di fatto la domanda. Ciò spinge le aziende ad incrementare a loro volta la produzione, e di conseguenza ad assumere più personale per coprire le nuove esigenze aziendali. Si innesca, in altre parole, un circolo virtuoso che rende tutti un pochino più ricchi.

Ognuno scelga per il meglio 

Il risvolto della medaglia è la minor protezione sociale: gli ammortizzatori, l’assistenza sanitaria, la disoccupazione. Ma è una scelta che ogni società è chiamata a fare: preferisci essere più ricco e comprarti le tue protezioni sociali, oppure essere meno ricco ed averle garantite dallo Stato? In altre parole, è una diversa definizione del concetto di felicità e serenità: per gli americani essere sereni vuol dire avere più soldi in tasca, per gli europei invece vuol dire sentirsi più tutelati dalle istituzioni. Il problema è che in Europa questa tutela inizia ad essere avvertita sempre con minor fiducia dai cittadini. 

Commenti

  1. annagb
    ha scritto:

    Io preferisco essere in Europa, anche se in Italia (parlo di ciò che conosco almeno un po’) ho l’impressione che non sempre certi servizi siano davvero disponibili come dovrebbero, come dici tu.
    Negli Stati Uniti il giro di soldi maggiore spesso è dovuto ai debiti che fanno i cittadini, che hanno la carta di credito e non ci pensano, e questo è spaventoso (anche in Italia sembra che stiano iniziando problemi simili purtroppo), come spaventoso è trovarsi senza la possibilità di farsi curare perché non si ha un’assicurazione che copra le spese.

  2. camu
    ha scritto:

    Anna, come dici tu stessa, non solo gli Stati Uniti soffrono di questi problemi: il credito al consumo è una piaga anche in casa nostra. Riguardo alla leggenda della sanità, ti auguro di non ammalarti mai in Italia, allora. Perché spesso qui le tasse pur pagandole, non le riceviamo in “servizi” veri. Comunque la traccia del mio intervento non era di assegnare un “meglio” ed un “peggio” alle due filosofie di vita. Osservavo solo su cosa si basa la felicità al di là ed al di qua dell’oceano: più soldi contro più protezione.

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