due chiacchiere

Come funziona la nuvola di Tophost

Ultimamente, ovunque mi giri, vedo gente che si riempie la bocca a parlare della “nuvola informatica”. Un concetto che, sebbene vecchio di almeno 20 anni, pochi ancora hanno capito veramente. Forse l’avvento della quinta incarnazione del sistema operativo dell’iPhone, con il suo servizio iCloud, aiuterà a dissipare la nebbia, o forse aumenterà la confusione, ai posteri l’ardua sentenza. Quando Tophost ha annunciato di essere passata “al cloud”, ero curioso di saperne un po’ in più. Così, grazie anche alla disponibilità del loro supporto, ho raccolto un po’ di informazioni al riguardo. L’idea di base è la separazione del cosiddetto server dalla scatola di circuiti, fili e dischi rigidi: il passo di astrazione porta, in pratica, ad avere un plotone di macchine fisiche su cui si poggia una schiera di macchine virtuali.

La prima conseguenza immediata di questa scissione è che puoi cambiare la configurazione del server virtuale con qualche click, anziché andare fisicamente nella sala server, aprire la scatola e rimpiazzare il modulo di memoria con uno più grosso. E puoi avere più server virtuali di quelli fisici, che si ripartiranno il carico di lavoro in maniera bilanciata. Nel caso di Tophost, l’infrastruttura in “carne ed ossa” è gestita da SeeWeb, azienda leader nel settore e che io incontrai per la prima volta alla fine degli anni Novanta, nel mio primo progetto freelance in assoluto.

Le macchine sono di fatto una serie di Blade IBM (come appassionato di architetture degli elaboratori, la configurazione a lame è quella che ho sempre amato di più) collegate allo storage IBM XIV via fibra. L’ulteriore separazione tra dove sono i dati e chi li elabora è il secondo passo chiave per ottenere un’architettura flessibile e scalabile: la possibilità di espandere la SAN e di sostituire a caldo i dischi difettosi incrementa notevolmente la tolleranza ai guasti e la compatibilità futura con nuovi dispositivi più performanti, senza neppure toccare l’unità centrale di elaborazione. Per i più geek come me, è dato sapere che alcuni sono IBM blade HS22 a due processori Intel, mentre altri sono HP G685 a 4 processori AMD. I processori possono essere da 4, 6 o 12 core, con un SPECINT_rate per core più o meno simile.

Su questa base, Tophost costruisce e mantiene una serie di server virtuali, grazie alla tecnologia QEMU. Il loro merito è stato quello di rendere completamente trasparente lo spostamento di più di centomila domini da un posto all’altro. Ma la cosa più strabiliante è la possibilità di “spostare” in tempo reale potenza di calcolo dai server di posta e database ai server web, mantenendo così inalterato il costo e aumentando la performance. Ecco come, con la tecnologia cloud, sono riusciti ad aumentare le prestazioni, contenendo i costi ai clienti.

Commenti

  1. CyberAngel
    ha scritto:

    OK argomento scacciafiga e pubblicitario. Vabbè ogni tanto ci sta…

    Risposte al commento di CyberAngel

    1. camu
      ha scritto:

      In effetti credo che questo post abbia toccato l’apice dello scacciafiga 🙂 Però era una mia curiosità, visto che tutti parlano di sta benedetta nuvola e nessuno sa cosa sia… e Tophost non c’entra nulla, l’iniziativa é mia.

  2. […] da 6 anni su Tophost) è di recente sceso al di sotto dei 1000 millisecondi. Ma ti basterà gironzolare tra le stanze per renderti conto di quanto tempo ci metta una pagina a caricarsi sul tuo browser. E se questo non […]

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