due chiacchiere

As you surrender to her

Oggi Laura aveva il turno del mattino in ospedale. Mentre Enrico stava sotto la doccia, lei s’era vestita ed ora si truccava davanti allo specchio in camera da letto. L’idea di avere un mobiletto con sgabello e specchio le era sempre piaciuta, vista nei film tante e tante volte, e sperimentata di persona in un albergo di lusso qualche anno prima durante il viaggio di nozze. Così quando ne trovò una dalle misure adatte e dal colore appropriato all’Ikea, non se lo fece ripetere due volte. Ci volle mezza giornata per montare tutti i pezzi, ma alla fine ne era valsa proprio la pena. Un angolo in cui poteva coccolarsi pettinandosi anche per mezz’ora, dopo una giornata dura e faticosa. Ma erano già le sette e quaranta, ed in mezz’ora avrebbe dovuto timbrare il cartellino, quindi non indugiò oltre. Con lo scooter c’avrebbe messo una decina di minuti, anche perché l’ospedale era  fuori città, quindi non si sarebbe neppure dovuta infilare nel traffico mattutino.

Raccolse la borsa, le chiavi ed il casco. “Non dimenticare di passare a prendere i pantaloni, la sarta li aveva già pronti ieri”, disse ad Enrico che si stava asciugando e vestendo in camera da letto. Lui emerse in accappatoio e le sfiorò le labbra. “Oggi ho la giornata lunga al lavoro, vediamo se ce la faccio quando esco. Tanto i pantaloni mica scappano da lì, la sarta non è poi così brutta”. “Fai come vuoi” rispose, guardandolo un po’ di traverso mentre usciva. Nella stanza rimase il suo profumo, uno di quelli di Armani che lei amava tanto e che consumava con eccessiva parsimonia. La vide allontanarsi tutta impettita sul suo scooter, con l’atteggiamento di chi è pronto a conquistare il mondo. Era quel suo modo di fare e di essere che l’aveva ammaliato quando s’erano conosciuti a casa di un amico qualche anno prima. Quel suo spiccare al di sopra della folla, come un giglio in un campo di papaveri.

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